Il mondo sta invecchiando e l’Italia è uno dei paesi che invecchia più velocemente. Qualcuno ha definito l’età dell’anziano un’età da inventare. La tendenza, dopo l’esperienza del Covid, è quella di fornire un’accoglienza mista, con cure a domicilio e, non soltanto, ricoveri nelle strutture sanitarie.
Nelle ultime ricerche universitarie sono privilegiati i “nuovi modelli di assistenza sanitaria e sociale che aiutino gli anziani a vivere nelle proprie case, nel loro tessuto familiare e sociale, investendo nell’assistenza domiciliare, nel sostegno alle famiglie e in tutte le risorse, fino alla telemedicina”. (Zancradi, 2020)
“L’empatia è la capacità di “stare con e per”, di “essere e restare” emotivamente con l’utente mantenendo la giusta distanza”
Requisiti rigidi versus servizi personalizzati
Occorrono pertanto politiche lungimiranti, capaci di centrare l’attenzione più sul percorso, sulla capacità di risposta ai bisogni, e non solo sui requisiti rigidi, inflessibili e spesso incapaci a dare risposte concrete. Accanto alle tradizionali skills tipiche delle professioni sanitarie e sociali, indispensabili saranno le competenze relazionali, comunicative ed empatiche, dove il tempo e lo spazio sono dimensioni spesso molto diverse e la ricerca e cura delle parole altrettanto importanti.
L’empatia alla base della relazione di aiuto
L’empatia è la capacità di “stare con e per”, di “essere e restare” emotivamente con l’utente mantenendo la giusta distanza (riconoscendone la soggettività senza esserne eccessivamente coinvolti), di percepire sentimenti ed emozioni dell’altro e di riconoscerne la sua unicità. L’empatia fonda la relazione di aiuto e per aiutare bisogna prima di tutto comprendere i bisogni e i vissuti della persona, evitando sia l’eccessivo coinvolgimento, sia l’isolamento affettivo, che è difesa e fuga dalla relazione. Tutto ciò richiede all’operatore la capacità di esaminare le proprie reazioni emotive (Allegri, 1997). La standardizzazione dei servizi dovrebbe lasciare il posto alla personalizzazione dei percorsi di supporto, in grado di affrontare non solo il bisogno esplicito e diretto dell’utente, ma anche il mantenimento di un equilibrio familiare, sociale e di comunità, tale per cui il percorso stesso diventi un valore aggiunto.
Il lavoro di assistenza
Il lavoro nell’assistenza è anche una carezza e un balsamo quando li vedi tristi o piangere. E’ il magone che provi quando ti metti con troppo coinvolgimento nei loro panni e cerchi comunque di far arrivare la vicinanza emotiva necessaria per avere sollievo. Se a qualcuno può sembrare banale e scontato, non lo è affatto. Capita che chi si occupa di anziani e di assistenza alla persona, se non è costantemente formato e aggiornato, supportato e motivato, dopo un po’ si stanca, demotivato, dando anche risposte non idonee al contesto. E domani? Quando ci saremo noi? Cosa vorremmo da chi si prenderà cura di noi?
Giornalista Paola Pieroni