In questi ultimi decenni si è assistito a un crescente sviluppo della Medicina Basata sulla Narrazione. Tale evoluzione è legata al fatto che si è sempre più posto in secondo piano l’ascolto del paziente a fronte di tecnologie diagnostiche e analisi sempre più sofisticate, di tempi ristretti e di una burocrazia che riempie il tempo di visita medico-paziente.
Rita Charon e Rachel Naomi Remen sono state le prime a definire Medicina Narrativa quella modalità di affrontare la malattia, volta alla comprensione della complessità del vissuto del paziente. La NBM, com’è stata successivamente denominata per distinguerla dal paradigma dominante della Evidence Based Medicine (EBM), si è inizialmente sviluppata all’interno della Harvard Medical School, in cui predominavano l’approccio ermeneutico e fenomenologico. I punti di riferimento della NBM sono un insieme di significati simbolici che modellano il vissuto del malato, l’esperienza soggettiva della malattia. La narrazione della malattia riguarda le “storie di malattia” che costituiscono la narrazione del vissuto soggettivo della persona, ciò che per lei costituisce la sua “malattia”.
La medicina Narrativa non è una disciplina, essa è da considerarsi piuttosto un “atteggiamento mentale del medico” (Bert, 2007) che si definisce sotto forma di abilità di counselling o counselling skill; una competenza legata alla capacità di leggere, di scrivere, di narrare se stessi, di interpretare le narrazioni degli altri e di costruire storie condivise.
La capacità di narrare storie nuove insieme al paziente è possibile solo quando esiste una relazione di cura, ed ha spesso di per sé un effetto terapeutico: nel senso di produrre benessere sia per il malato che, ed è cosa importante, per il medico.
Ogni malattia può essere narrata in diversi modi. La costruzione di un’alleanza terapeutica tra medico e paziente richiede una narrazione condivisa, un incontro con l’altro che si costruisce istante per istante, giorno per giorno e non è mai definitiva.
In Italia il percorso universitario in Medicina e Chirurgia si basa soprattutto sullo studio del corpo umano in tutte le sue parti e sulla cura delle varie patologie. Poco o nulla viene insegnato sugli aspetti psicologici e relazionali. Eppure la medicina è anche un’arte: l’arte dell’incontro con l’altro, di occuparsi dell’essere umano in tutti i suoi aspetti, biologici, psicologici e sociali e sicuramente la “relazione medico-paziente” è uno degli strumenti di quest’arte. Il medico stesso è la prima medicina, come ci insegna M. Balint fin dagli anni ‘50, evidenziando l’importanza di una medicina non più centrata sulla malattia ma sul paziente. Nella formazione dei medici e degli altri operatori sanitari è importante curare e integrare questi aspetti sia a livello universitario sia nei vari corsi di specializzazione.
La Medicina Narrativa non vuole contrastare la medicina tradizionale basata sull’evidenza, vuole essere, invece, uno strumento di sostegno ad essa. Per questo è importante e necessario che le nuove figure mediche sviluppino capacità comunicative più empatiche. Non sono sicuramente capacità innate, ma sono tecniche che possono essere apprese, interiorizzate e integrate.
Riferimento Bibliografico: S. Spinsanti, “La medicina vestita di narrazione”, Il Pensiero Scientifico Ed., Roma, 2016.
Dott.ssa Michela Boscaro