L'aborto spontaneo rappresenta la più frequente complicanza che si può verificare in gravidanza con un’incidenza del 20-25%. Può capitare che l’evento abortivo si ripeta nella gravidanze successive e con il verificarsi di due o più aborti spontanei si parla allora di aborto ricorrente, complicanza che ha un’incidenza del 5-7%.
Quindi non si tratta di eventi rari, e come conseguenza di tali complicanze, la coppia e la donna vivono le gravidanze successive con grande apprensione, e con un rischio di ricorrenza che aumenta in funzione del numero di perdite che si sono già verificate. Per questo motivo e per la necessità di seguire un percorso che aiuti a elaborare le perdite subite, la possibilità di una diagnosi, di una consulenza specialistica multidisciplinare e psicologica riveste un ruolo molto importante.
Cosa fare in caso di aborti spontanei ricorrenti?
In presenza di una condizione di abortività ricorrente è necessario individuarne le cause attraverso un percorso che accompagni le coppie fino a ottenere la gravidanza desiderata.
I fattori di rischio di aborto spontaneo
Possono essere rappresentati da condizioni di vita stressanti, da un’alimentazione scorretta, fumo, obesità, infezioni recidivanti, l’inquinamento, esposizione a interferenti endocrini (sostanze o materiali con cui entriamo a contatto nell’ambiente in cui viviamo e che possono interferire con la funzione delle nostre ghiandole endocrine).
Quali sono le cause?
Alla base dell’abortività ricorrente possono esserci tra le cause: malformazioni uterine, problematiche endocrinologiche, patologie autoimmuni, trombofilie, alterata recettività endometriale, problematiche maschili.
Numerose sono le malattie autoimmuni che possono determinare abortività ricorrente, alcune classiche, come il lupus eritematoso sistemico e lupus-simili, la sindrome da anticorpi antifosfolipidi che è la più nota, problematiche autoimmuni tiroidee e la celiachia. Ormai sono patologie che interessano circa un terzo dei casi di abortività.
Per chi è affetto da queste patologie solitamente non ci sono controindicazioni assolute, ma, per le donne già in cura occorre prendere delle precauzioni sui farmaci, poiché alcuni si possono assumere in gravidanza e altri no.
Come indicano studi recenti anche lo stato di salute dell’intestino può avere delle ripercussioni sul buon esito di una gravidanza, i batteri (microbiota) che abitano ogni tratto del nostro intestino devono essere in un preciso rapporto eubiotico. Infatti un’alterazione del microbiota può compromettere il benessere dell’individuo facilitando lo sviluppo di patologie autoimmuni o di condizioni infiammatorie che interferiscono con l’impianto fetale.
A chi rivolgersi?
Un ginecologo, con una semplice ecografia transvaginale, esami ematici dedicati, eventuali indagini strumentali, dove ci sia sospetto di malformazione uterina, può indicare il percorso più adeguato per ogni singolo caso specifico riguardante la coppia.
a cura della Dott.ssa Claudia Maria Curzi