Dai primi casi di infezione da Covid-19 ad oggi possiamo iniziare a descrivere le differenti manifestazioni patologiche riguardanti la sfera psichica. Le componenti biologiche si intersecano con quelle emotive creando dei percorsi di malattia che sono specifici di ogni individuo. Possiamo distinguere le manifestazioni in base al periodo di insorgenza in tre gruppi: prodotte dalla situazione emotiva che stiamo vivendo, prodotte dallo sviluppo della malattia e dal periodo di ospedalizzazione e le problematiche legate al post-Covid.
I quadri clinici più frequenti
Nel primo periodo i quadri clinici più frequenti con i quali dobbiamo confrontarci, e che in modo frequente vanno a complicare la relazione con il Medico di Medicina Generale (MMG) per la costante richiesta di rassicurazioni e di screening di controllo, sono manifestazioni cliniche caratterizzate da intensi stati d’ansia, ideazione ossessiva legata alla paura dell’infezione e a comportamenti coattivi della ritualità ossessivo-compulsiva. L’ideazione centrata sulla paura del contagio e i disturbi da attacchi di panico possono condurre il soggetto a presentarsi nei Pronti Soccorso (PS) in preda a stati di insufficienza respiratoria con la paura di avere contratto l’infezione. In queste situazioni, prettamente psichiche, la diagnosi differenziale è determinata dal livello di saturazione del sangue che risulta nella norma, l’iperventilazione prodotta dallo stato d’ansia non è determinata da una compromissione degli scambi gassosi a livello degli alveoli polmonari.
Il circolo vizioso del soggetto ansioso-rifiutato che va a peggiorare
Le manifestazioni fobiche di paura del contagio e ossessive compulsive si esprimono con rituali di lavaggio e disinfezione, insieme all’enorme paura di aver contratto il virus con conseguenti richieste di tampone-screening, anche in assenza di alcun aspetto sintomatologico significativo. Tutte queste manifestazioni legate alla dimensione ansiosa spesso creano un clima di tensione e angoscia nel contesto famigliare, già provato dalle difficili contingenze della vita, con conseguente rifiuto del famigliare ansioso, il quale a sua volta, sentendosi rifiutato, diventa sempre più angosciato. Alimentando un circuito di ansia e successivi rifiuti che va a peggiorare la vita di tutti i componenti del sistema famiglia.
La ricerca del S. Raffaele di Milano
Venendo alle manifestazioni psichiche dei soggetti che hanno sviluppato l’infezione c’è un interessante studio su 402 soggetti dell ‘ISS S. Raffaele di Milano, di cui 300 ricoverati. Si è indagata la presenza di patologie psichiche secondarie all’esperienza dell’infezione da Covid-19: il 56% era positivo per almeno un disturbo, il 31% mostrava un disturbo depressivo, il 28% un disturbo post-traumatico, il 42% uno stato ansioso e il 20% elementi del disturbo ossessivo-compulsivo. Nelle manifestazioni post-Covid troviamo più frequentemente manifestazioni del quadro depressivo. È noto che i processi infiammatori dell’organismo aumentano il rischio di evoluzioni depressive dell’apparato psichico. Possiamo quindi ipotizzare che la presenza di elevate componenti depressive nei percorsi di riabilitazione post-infettivi sia correlato con un substrato infiammatorio determinato dalla malattia. Ci sono poi le componenti depressive prodotte dalla scomparsa di famigliari cari deceduti, all’aumento del rischio di suicidi indotti dalla perdita dell’attività lavorativa, come pure dall’incremento delle nuove povertà che stanno colpendo molte fasce sociali prima escluse.
La conflittualità nella coppia ai tempi dell’emergenza sanitaria
Un attenzione andrebbe prestata all’aumento della conflittualità di coppia (aspetto sviluppato ne “L’amore ai tempi del Covid” sul sito web “Nostos Psicoterapia”) con un notevole aumento di episodi di forte conflittualità e violenza, aspetti che richiedono appositi spazi di trattamento. Gli strumenti di intervento dovranno affrontare sempre gli aspetti individuali e multifattoriali. Con una modalità di approccio terapeutico integrato, cioè trattamento farmacologico e percorso psicologico, si avrà un’integrazione negli interventi con una probabilità di successo maggiore rispetto a quelle che si hanno con un singolo intervento.
Dott. Moreno Marcucci